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Chi è destinato a diventare un bullo, e chi una vittima? Una nuova ricerca dimostra che una scarsa capacità di problem-solving è comune ad entrambi.

Bullismo
Una nuova ricerca pubblicata dall’ American Psychological Association afferma che i bambini e gli adolescenti che hanno scarse capacità di problem-solving (risoluzione dei problemi) sociale sono più a rischio di diventare bulli o vittime rispetto a quelli che non sono carenti di queste competenze.
Tra quanti hanno scarse competenze sociali, quelli che hanno anche problemi scolastici tenderanno a diventare bulli e non vittime.

L’autore della ricerca, Clayton R. Cook, della Louisiana State University afferma che “Questa è la prima volta che vengono monitorati i fattori individuali e ambientali al fine di prevedere la probabilità che un individuo possa diventare un bullo o una vittima”.

 

“Ci auguriamo che questa ricerca ci aiuti a capire meglio le condizioni in cui si verifica il bullismo e le conseguenze che questo fenomeno può avere per gli individui coinvolti. In definitiva, vogliamo  sviluppare migliori strategie di prevenzione e di intervento per fermare il ciclo che lega il bullo alla sua vittima prima del suo inizio”.

Cook e i suoi collaboratori della UCR (University of California at Riverside) hanno esaminato 153 studi degli ultimi 30 anni. Trovando una significativa correlazione tra scarse competenze sociali e identificazione nel ruolo di bullo o di vittima, inoltre a parità di competenze sociali, scarsi risultati scolastici sono più comuni tra i bulli.

“Il bullo tipico ha solitamente atteggiamenti e convinzioni negative nei riguardi degli altri, allo stesso tempo sente anche se stesso come negativo, sbagliato. Spesso proviene da un ambiente familiare caratterizzato da povertà e conflitti familiari, percepisce la scuola come ostile e spesso si lascia influenzare da coetanei che ostentano modelli di condotta antisociali. ”

“La vittima, a sua volta, manca di competenze sociali, ha pensieri negativi, sperimenta molta difficoltà nel risolvere i problemi sociali. Proviene da famiglie, scuole o comunità carenti di stimoli, e di solito è palesemente isolata dai suoi stessi compagni” ha detto Cook.

Lo studio ha evidenziato che anche tipico bullo-vittima (qualcuno che esercita e subisce, allo stesso tempo, atteggiamenti di bullismo), ha opinioni e pensieri negativi riguardo a se stesso.

Secondo lo studio il bullo ha dei problemi con l'interazione sociale, non ha buone capacità di problem-solving, va male a scuola e non solo è respinto e isolato da parte dei compagni, ma è anche influenzato negativamente dai coetanei con i quali interagisce.

Le dimensioni dei campioni negli studi esaminati variava da 44 a 26.430 soggetti. L’età compresa tra i 3 e i 18 anni. I partecipanti erano sia Europei che Americani.

I ricercatori hanno utilizzato rapporti auto compilati, compilati dai coetanei sui loro amici e dai professori e genitori in relazione ai loro studenti e figli per misurare: l'entità del bullismo, l'aggressività e la vittimizzazione; il comportamento esternalizzato (le provocazioni, atteggiamenti aggressivi o distruttivi); il comportamento  di evitamento (il ritiro, la depressione, l’ansia e la fobia sociale); le competenze sociali; le opinioni , i sentimenti e i pensieri; il rendimento scolastico, le caratteristiche dell’ambiente familiare e dell'ambiente domestico e scolastico; il contesto sociale e eventuali problematiche socio economiche.

Gli autori hanno scoperto che l'età gioca un ruolo importante nel modo in cui i bulli e le vittime agiscono le aggressioni o interiorizzano i sentimenti. I bulli più giovani sono maggiormente provocatori, aggressivi e distruttivi, mentre i più “anziani” sono più isolati, depressi e ansiosi.

I bulli più giovani inoltre non sono spaventati dal rifiuto e dall’impopolarità, lo sono al contrario quelli più grandi. Per quanto riguarda le vittime, sembra che con l’aumentare dell’età aumenti anche la sofferenza legata ad ansia e depressione.

Secondo gli autori, la maggior parte dei programmi per prevenire il bullismo utilizzano strategie che favoriscono l’allontanamento del bullo dal contesto, come ad esempio applicare severe norme anti-bullismo e favorire la denuncia di atti di violenza da parte dei coetanei.

Gli interventi più promettenti, al contrario, si focalizzano sulla rimozione dei comportamenti e dei fattori ambientali che favoriscono la trasformazione di un ragazzo normale in un bullo o in una vittima.

“È necessario intervenire con i genitori, con i coetanei e nelle scuole… simultaneamente” afferma Cook, “un training comportamentale potrebbe essere usato per potenziare le competenze genitoriali, una maggiore attenzione alla rete di relazioni tra pari e al potenziamento delle capacità di problem-solving sociale va affiancato inoltre alla possibilità di fruire di sostegno accademico per recuperare eventuali carenze scolastiche”.