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Gestire l'ansia e lo stress utilizzando la variabilità della frequenza cardiaca (HRV).

 

stress e variabilità della frequenza cardiaca
In un recente studio, condotto nei laboratori dell'esercito americano, si è sviluppata una tecnica di elaborazione dati che utilizza la variabilità della frequenza cardiaca come indicatore oggettivo per determinare l'efficacia delle diverse strategie terapeutiche anti stress.

Un cuore sano batte con frequenza leggermente irregolare.  La Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV) è un indicatore che evidenzia, statisticamente, le impercettibili differenze tra un battito e l'altro. Se osservassimo il tracciato di un elettrocardiogramma (ECG), potrebbe sembrare che la distanza tra un battito e l'altro, tra un picco R ed il successivo, sia costante. Tuttavia ad una analisi più approfondita ci accorgeremmo che esiste una variabilità che oscilla tra un valore minimo (ex.: 0,82 secondi) ed uno massimo (ex.: 1,28 secondi), con una distribuzione gaussiana dei valori intermedi. La frequenza cardiaca è sotto il controllo del sistema nervoso autonomo, il quale si occupa di gestire le cosiddette funzioni vegetative, ossia quelle funzioni che sono al di fuori del controllo volontario, per questo viene anche definito sistema autonomo involontario. Il sistema nervoso autonomo è formato da porzioni anatomicamente e funzionalmente distinte ma sinergiche: il sistema nervoso simpatico, il sistema nervoso parasimpatico e il sistema nervoso enterico. Il sistema nervoso simpatico ed il parasimpatico agiscono in direzioni diverse ed opposte. Entrambi controllano la frequenza cardiaca, il primo accelerando i battiti, il secondo rallentandoli. La variabilità della frequenza cardiaca dipende dal fisiologico "tiro alla fune" tra questi due sistemi. Ad una minore variabilità corrispondono livelli più alti di stress. L'osservazione della variabilità della frequenza cardiaca fornisce quindi una finestra attraverso la quale possiamo osservare lo stato di salute del nostro cuore e del nostro cervello. Nel recente studio, condotto niente di meno che nei laboratori dell'esercito americano, è stata sviluppata una nuova tecnica di elaborazione dei dati finalizzata ad associare i cambiamenti nella variabilità cardiaca con le variazioni dell'attività cerebrale. La tecnica, chiamata "di subordinazione dinamica", ha come scopo ultimo quello di fornire una valutazione obbiettiva rispetto all'efficacia delle varie tecniche finalizzate alla riduzione dello stress e dei suoi sintomi. Così come lo stress ha il potere di modulare i segnali del sistema nervoso autonomo che, a loro volta, possono sconvolgere i valori della variabilità cardiaca, allo stesso modo alcune specifiche tecniche, spesso basate sul controllo della respirazione, hanno il potere di ristabilire sia i ritmi della frequenza cardiaca che la normale funzionalità cerebrale. Controllando la respirazione si può quindi controllare il cuore e, a cascata, anche il cervello. Senza entrare nel dettaglio delle complicate analisi statistiche alla base del nuovo modello di elaborazione dei dati, ciò che più ci interessa sottolineare è che da questo studio emergono dati oggettivi a favore di tecniche finalizzate alla gestione dello stress come lo Yoga e la meditazione. Tecniche millenarie, che a volte vengono riproposte in chiave moderna come la mindfulness, sono realmente efficaci nella riduzione dello stress. Il "semplice" atto di controllare la respirazione ha realmente la capacità di riportare il corpo in uno stato di maggiore efficacia. Grazie all'analisi dei dati biologici, effettuata attraverso tecniche computazionali sempre più sofisticate, siamo in grado di indicare numericamente i vantaggi di una sessione di rilassamento/meditazione. L'incapacità di concentrarsi, l'impazienza e l'impulsività tipiche di un soggetto sotto stress possono essere espresse in modo più oggettivo. E, di pari passo, la riduzione di queste condizioni disfunzionali, che limitano gravemente la capacità di un soggetto di svolgere il suo lavoro, può essere quantificata con maggiore precisione. Ciò permette di identificare la strategia migliore per approcciarsi a problematiche dai contorni spesso poco identificabili come lo stress, l'ansia e la depressione. Dalla ricerca condotto nei laboratori dell'esercito americano si apprende anche che la pratica a lungo termine della meditazione ha l'effetto di rendere permanenti i cambiamenti fisiologici indotti dalla meditazione. Inoltre, i soggetti che praticano la meditazione, mostrano un controllo esecutivo più forte, cioè hanno maggiore capacità di gestire un comportamento orientato verso un obiettivo.  In sostanza la meditazione rende più snelli ed efficaci i processi cognitivi. È chiaro che ogni tecnica utile ad eludere l'influenza psicologica debilitante dello stress ed a favorire un processo cognitivo efficace e razionale sia di vitale importanza per un ente come l'esercito americano che ha a che fare con la necessità di forgiare soldati efficienti e con la difficile gestione del problema della sindrome post traumatica da stress. Per chi volesse provare a misurale la Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV) con metodi meno rigorosi faccio notare che è sufficiente installare una applicazione come questa sul proprio smartphone. Link Fonte