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La fiducia è un riflesso condizionato! Come e perché "decidiamo" di dare fiducia agli estranei.

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Su quali basi "decidiamo" di dare fiducia ad un estraneo? Il nostro cervello utilizza, in assenza di dati migliori, il principio della somiglianza: se l'estraneo somiglia a chi, in passato, è stato onesto nei nostri confronti, allora sarà considerato onesto.

Estranei che somigliano a persone che in passato sono state corrette nei nostri confronti saranno valutati come affidabili, al contrario chi somiglia ad individui in precedenza valutati come scorretti sarà automaticamente categorizzato come non degno di fiducia. I dettagli della recente ricerca, condotta presso la New York University, e pubblicata su  Proceedings of the National Academy of Sciences parlano chiaro: la fiducia nel prossimo è un riflesso espresso secondo uno schema Pavloviano. Breve digressione storico-scientifica: Ivan Petrovič Pavlov, per gli amici Pavlov, è noto soprattutto per aver definito il concetto di condizionamento classico (o, in suo onore, condizionamento  pavloviano) durante i suoi studi sulla regolazione delle ghiandole digestive. Utilizzò la "secrezione psichica" (in pratica l'acquolina in bocca che si presenta ogni volta che pensiamo ad un buon cibo) per studiare il riflesso condizionato. Il condizionamento classico si verifica quando uno stimolo neutro (un suono) diventa un segnale per un evento che sta per verificarsi (cibo). Se viene a crearsi un'associazione tra i due eventi possiamo parlare di stimolo condizionato per il primo evento e stimolo incondizionato per il secondo. I cani di Pavlov, dopo aver associato il suono di una campanella alla successiva somministrazione di cibo, iniziavano a secernere saliva in risposta al solo suono della campana.

E che c'entra questo con la fiducia?

C'entra e come, i ricercatori infatti sostengono che siamo "automaticamente" diffidenti nei confronti degli estranei che somigliano a chi, in passato, ci ha fatto soffrire. Come i cani di Pavlov, che, pur essendo condizionati ad una singola campanella, continuano a salivare anche con campane che hanno toni simili, anche noi usiamo informazioni sul carattere morale di una persona, in questo caso sull'affidabilità, come un meccanismo di apprendimento Pavloviano sulla base del quale giudichiamo gli estranei. "Prendiamo decisioni" sull'affidabilità degli sconosciuti, anche in assenza di informazioni dirette o esplicite, basandoci esclusivamente sulla loro maggiore o minore somiglianza ad individui che in precedenza si sono comportati bene o male nei nostri confronti. "Prendiamo decisioni" è virgolettato perché, essendo il meccanismo automatico, avviene al di fuori del nostro controllo volontario. Scegliamo di chi fidarci sulla base di automatismi dei quali non siamo consapevoli. Il nostro cervello usa un meccanismo di apprendimento in cui le informazioni morali codificate dalle esperienze passate  (ex. : se assomiglia a Babbo Natale non può essere cattivo!) guidano le scelte future. In pratica tutti abbiamo pregiudizi, e sono proprio i pre-giudizi che guidano la maggior parte delle nostre scelte, cioè quelle compiute dal pilota automatico in assenza di consapevolezza cosciente. Ci hanno sempre detto che avere dei pre-giudizi non è certo una bella cosa, non è politically correct. Il problema è che il nostro cervello utilizza proprio il pre-giudizio come strategia per favorire la sopravvivenza. Quindi smettiamola di dire che "noi non abbiamo pregiudizi", è più utile al contrario cercare di capire quali sono i pre-giudizi che guidano le nostre scelte per evitare di alimentare l'illusione erronea di avere il pieno controllo su ogni singolo aspetto della nostra vita. Per esplorare i meccanismi di fiducia o evitamento i ricercatori hanno condotto alcuni esperimenti in cui i partecipanti dovevano prendere una serie di decisioni sull'affidabilità dei loro partner di gioco. Ogni soggetto ha inizialmente intrattenuto scambi di tipo economico con altri partecipanti classificabili in tre macro categorie: molto affidabili, affidabili e inaffidabili. In un secondo tempo, gli stessi soggetti, sono stati invitati a scegliere nuovi partner per una ulteriore sessione di gioco. Tuttavia, ciò che non è stato detto loro è che i nuovi candidati, tra i quali effettuare la scelta, erano stati selezionati dai ricercatori in base alla maggiore o minore somiglianza fisica con i precedenti individui. La scelta ricadeva sempre sui nuovi partner che più somigliavano fisicamente ai giocatori che in precedenza si erano contraddistinti per correttezza ed onestà. Di contro chi somigliava a giocatori precedentemente considerati sleali non veniva mai scelto. La preferenza o l'evitamento  erano inoltre proporzionali alla somiglianza fisica, cioè più i vecchi giocatori erano simili ai nuovi più la scelta ne era influenzata. Tutto ciò avveniva, come detto in precedenza, a livello inconscio. I partecipanti non hanno mai realizzato consapevolmente che le loro decisioni erano influenzate da somiglianze fisiche. In un secondo esperimento è stata anche esaminata l'attività cerebrale durante la fase di scelta. Dai dati è emerso che le aree coinvolte nella decisione di fidarsi o no di un estraneo sono le stesse regioni che in precedenza hanno gestito l'apprendimento dello stile relazionale del primo partner: chiaramente l'amigdala non poteva non essere coinvolta, trattandosi di una regione fondamentale per l'apprendimento emotivo. Link Fonte