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Violenza e maltrattamenti in età precoce rendono più vulnerabili allo stress, all'ansia e alla depressione

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Quando i bambini sono stati esposti alla violenza in famiglia, il loro cervello diventa sempre più sensibile e reattivo per l'elaborazione di informazioni attinenti a possibili fonti di pericolo. Questa è la conclusione alla quale si è giunti in base ai dati di un recente studio pubblicato sul numero di Dicembre di Current Biology.

Il cervello dei bambini che hanno vissuto traumi legati alla violenza domestica mostra lo stesso schema di attività osservato precedentemente in soldati esposti al combattimento.

Lo studio è il primo ad applicare l'imaging funzionale del cervello, la risonanza magnetica funzionale, per esplorare l'impatto degli abusi fisici e della violenza domestica sullo sviluppo emotivo dei bambini.

Una reattività accentuata, espressa ad esempio sotto forma di rabbia o di fuga, nei confronti di ogni forma di minaccia può rappresentare una risposta adattiva evolutivamente efficace, ma solo nel breve periodo.

Al contrario un alto livello di allerta, di ipervigilanza, protratto troppo a lungo può rappresentare un fattore di rischio su base neurobiologica. Andando ad aumentare la vulnerabilità nei confronti di patologie psicologiche quali l’ansia, gli attacchi di panico e la depressione.

Il maltrattamento subito in età infantile è considerato uno dei fattori più potenti di rischio ambientale associato con l’insorgenza in età adulta di ansia e di depressione, nonostante ciò si sa relativamente poco su come tali esperienze “entrino sotto la pelle” andando ad aumentare la vulnerabilità fisica e psicologica del soggetto in età matura.

Il nuovo studio mostra che i bambini con documentata esposizione alla violenza domestica differiscono, rispetto ai soggetti normali, nella loro risposta cerebrale a specifici stimoli emotivi, rappresentati nell’esperimento da foto di volti arrabbiati o tristi.

Quando vengono presentate loro foto di volti arrabbiati, i bambini con una storia di abuso mostrano una iper atività cerebrale nelle regioni della corteccia insulare anteriore e dell'amigdala, regioni coinvolte nella rilevazione delle minacce e nella anticipazione del pericolo.

Questi cambiamenti non sono da considerarsi come danni o lesioni permanenti, ma come un “adattamento” da parte del cervello ad un contesto ambientale pericoloso. Tuttavia questa forma di adattamento, che garantisce maggiore reattività in caso di pericolo, espone i soggetti a livelli difficilmente sopportabili di stress.

Questo studio sottolinea la pericolosità, per l’equilibrio emotivo di un bambino in fase di crescita, di un contesto ambientale contraddistinto da violenza, fisica o psicologica.

Esperienze traumatiche in età infantile hanno un effetto misurabile sul cervello, a livello neurale, anche in assenza di evidenze sintomatologiche di tipo ansioso o depressivo.

 

Fonte: Cell Press (2011, December 5). Child abuse changes the brain, study finds.