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L'omeopatia (o, più in generale, l'effetto placebo) funziona?

omeopatia effetto placebo e personalità
L'effetto placebo, la cui veste commerciale più nota assume il nome di omeopatia, è efficace per diminuire il dolore cronico solo in alcuni individui. Sembra che la capacità  di una pillola di zucchero di curare il dolore, quando prescritta ed assunta con il giusto rituale, dipenda dalle caratteristiche anatomiche e psicologiche dei pazienti.

L'omeopatia funziona? Su di me (purtroppo), no! Da quando, anni fa, ho scoperto l'omeopatia mi sono sempre scontrato con una serie di evidenze che non riesco a far coesistere. Primo, l'omeopatia non è una cura farmacologica è, nella migliore delle ipotesi, un mix di zucchero e sostanze (praticamente) inerti. Secondo, anche se non è un farmaco è tuttavia venduto in farmacia da un dottore in camice bianco a prezzi che non giustificano i costi di realizzazione. Terzo, alcuni pediatri tendono a prescrivere preparati omeopatici per "curare" malattie senza informare esplicitamente i genitori del fatto che stanno trattando i loro figli con prodotti scientificamente non efficaci. Quarto, molte persone che stimo e rispetto si ostinano a difendere un prodotto che ritengo indifendibile costringendomi ad un fastidioso conflitto cognitivo sulla mia capacità di giudicare l'intelligenza altrui. Quinto, quando ho mal di schiena (ed ora ho mal di schiena!) sono costretto ad assumere farmaci veri con veri effetti collaterali, mentre altre persone possono prendere delle pillole di zucchero e stare bene lo stesso (lo ammetto sono invidioso). Perché l'omeopatia o, più in generale, l'effetto placebo (ma anche l'ipnosi), funziona solo con alcuni individui? È possibile identificare le caratteristiche degli individui per i quali l'omeopatia è efficace? I ricercatori della Northwestern Medicine hanno da poco dimostrato di poter prevedere in modo affidabile quali pazienti, affetti da dolore cronico, risponderanno positivamente all'assunzione del placebo sulla base delle caratteristiche anatomiche cerebrali e dei tratti psicologici dei pazienti. I vantaggi dello studio, se confermato, riguardano:
  • la salute dei pazienti: è molto meglio dare un farmaco non attivo piuttosto che un farmaco attivo per ottenere lo stesso risultato, la maggior parte dei trattamenti farmacologici presenta infatti effetti collaterali o rischi di dipendenza che sarebbe meglio evitare.
  • la riduzione dei costi sanitari: la prescrizione di una pillola di zucchero per i pazienti con dolore cronico comporterebbe un enorme risparmio sui costi per i pazienti e per il sistema sanitario (speculazioni a parte).
  • la riduzione dei costi della ricerca: eliminando l'effetto placebo dalla sperimentazione sui farmaci si ridurrebbe di molto la dimensione del campione da esaminare e quindi anche il costo di ogni studio.
Secondo gli autori della ricerca il cervello di alcuni pazienti sembra essere già "sintonizzato" per rispondere alla suggestione terapeutica. Quando a questi soggetti viene detto che una sostanza li farà stare meglio, anche se viene specificato loro che nella sostanza non è contenuto alcun principio attivo, allora il loro cervello agirà in modo da farli stare meglio. Non c'è alcun bisogno di ingannarli. L'effetto placebo funziona anche se i pazienti sono informati della mancanza di motivazioni reali per le quali dovrebbero sperimentare un miglioramento. Unica premessa è che i pazienti siano "cablati" in un determinato modo: l'anatomia del loro cervello e il tipo di processi cognitivi devono essere già predisposti ad accettare la guarigione. In base ad un campione di circa 60 individui si è arrivati a definire una sorta di identikit del paziente che risponde all'effetto placebo. Dal punto di vista anatomico il lato destro del loro cervello era più grande del sinistro e l'area sensoriale della corteccia risultava più sviluppata rispetto al gruppo immune alla suggestione. Dal punto di vista psicologico i soggetti che hanno risposto al trattamento con placebo appaiono emotivamente consapevoli, maggiormente sensibili alle situazioni dolorose e notevolmente attenti al loro ambiente. I tratti distintivi sono talmente evidenti che i ricercatori hanno potuto prevedere il tipo di risposta al placebo a partire dalle caratteristiche anatomiche e psicologiche dei soggetti coinvolti. Se i risultati della ricerca verranno confermati dovrò rinunciare per sempre alla speranza di curare anche il mio mal di schiena con pillole di zucchero! Peccato. Link Fonte