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Un errore è la prova del fatto che siamo incapaci o è un occasione per migliorare?

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Sembra che Henry Ford abbia detto: “che tu sia convinto di avere successo o di fallire, hai comunque ragione” e

John Milton in, Paradise Lost, scrive “The mind is its own place, and in itself can make a heaven of hell, a hell of heaven” (la mente è il luogo di se stessa, e da sola può rendere l'Inferno un Paradiso, e il Paradiso un Inferno).

Un nuovo studio che verrà pubblicato nel prossimo numero della rivista Psychological Science porta prove sperimentali del fatto che le persone convinte di poter apprendere dai propri errori hanno una reazione cerebrale diversa, quando sbagliano, dalle persone che reputano l'intelligenza come un qualche cosa di non modificabile.

Una grande differenza, tra le persone che sono convinte che l'intelligenza sia malleabile e chi invece considera l'intelligenza come “data a priori”, consiste nel modo con il quale reagiscono agli errori.

Gli studi hanno evidenziato che le persone che considerano l'intelligenza, e più in generale le proprie capacità, come qualche cosa in evoluzione dicono cose del tipo: “quando le cose si faranno complicate, mi impegnerò di più” oppure “quando faccio un errore, cerco di imparare dall'esperienza e di migliorare me stesso”.

Dall'altro lato, chi crede di non poter cambiare la situazione non sfrutterà l'errore come un'occasione per apprendere nuove cose.

Da un punto di vista psicologico è evidente che la modalità con la quale le persone affrontano gli inevitabili fallimenti, ai quali si espongono per il solo fatto di essere vivi, rappresenta un fattore determinante.

Fattore che può fare la differenza tra l’essere felici per ciò che si è riusciti a realizzare e l’essere tristi e arrabbiati per ciò che non è andato come speravamo.

Sapere che anche nel fallimento c’è una lezione da apprendere, che non si è solo buttato solo via del tempo in tentativi infruttuosi è profondamente diverso dal ripetersi che “la propria vita è solo una collezione di sbagli”.

Proviamo ad immaginare uno studente convinto che la qualità e la quantità della sua intelligenza sia già prestabilita; di fronte ad una difficoltà e ad un conseguente errore non potrà fare a meno di sentirsi “non degno” e profondamente infastidito dal fallimento.

Questa sensazione di inefficacia favorirà lo svilupparsi di uno stato d’animo negativo che aumenterà la probabilità di commettere errori in futuro, errori che a loro volta saranno la conferma di un fallimento annunciato (profezie che si auto avverano).

Gli sperimentatori che hanno condotto lo studio hanno sottoposto i soggetti esaminati ad un test dove era facile commettere degli sbagli.

Nelle prove era necessario identificare correttamente la lettere centrale di una serie di cinque lettere, come ad esempio:

MMMMM;

MMNMM;

MMVMM.

In alcune occasioni la lettera centrale era la stessa delle altre, in altre occasioni era differente.

L'esercizio, estremamente semplice, veniva ripetuto più e più volte. Il numero di ripetizioni abbassava inesorabilmente il livello di attenzione aumentando la probabilità di commettere errori di disattenzione.

In questo particolare test gli errori venivano immediatamente riconosciuti dai soggetti (il compito è stato scelto a questo scopo) i quali immediatamente tendevano a sentirsi a disagio per aver fallito in un esercizio tanto banale.

Mentre erano intenti nell'esecuzione del compito i soggetti indossavano un casco in testa al quale erano collegati degli elettrodi per la registrazione dell'attività del cervello (Elettro Encefalo Gramma).

Quando veniva commesso un errore, il cervello mandava due segnali:

il primo segnale era la conseguenza del fatto che qualcosa era andato storto mentre il secondo segnale indicava la presa di coscienza dell'errore e il tentativo, mentale, di correggerlo con la soluzione giusta.

Entrambi i segnali venivano emessi in un tempo compreso tra zero e un quarto di secondo.

I soggetti coinvolti hanno parallelamente compilato un questionario ideato per indagare la loro tendenza a considerare le capacità cognitive come “in evoluzione” o come “prestabilite”.

Dai risultati è emerso che le persone convinte del fatto che è possibile apprendere dai propri errori, dopo aver commesso delle inesattezze, ottenevano prestazioni migliori.
Anche il loro cervello reagiva in modo differente, veniva infatti prodotto un segnale più grande nel momento in cui pendevano consapevolezza dello sbaglio. È come se il cervello dicesse: “mi sono accorto di aver sbagliato quindi devo metterci più attenzione”.

La ricerca mette in luce la diversità delle risposte tra i due tipi di soggetti non solo nella struttura cognitiva, che è alla base del modo con il quale ci si relaziona con il mondo, ma anche a livello più profondo nel tipo di attivazione fisiologica registrata dagli elettrodi dell’ Elettro Encefalo Gramma.

 

 

Fonte: Association for Psychological Science (2011, October 1). How your brain reacts to mistakes depends on your mindset.