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Non dite più: è solo un placebo! Le neuroscienze e l’effetto placebo 

Gran parte del sollievo che una persona può avere dall'assunzione di un (vero) farmaco o dalla somministrazione di un trattamento finalizzato ad alleviare il dolore non è dato dal farmaco ma dalla mentalità e dalle aspettative della persona stessa. 

La comprensione dei meccanismi neurali che guidano l’effetto placebo è da tempo oggetto di studio. Recentemente è stata pubblicata su Nature Communications una meta analisi che rileva che i trattamenti con placebo finalizzati a ridurre il dolore, noti come analgesia con placebo, riducono l'attività correlata al dolore in più aree del cervello.

La maggior parte degli studi condotti sui correlati neurobiologici dell’effetto placebo sono stati condotti su campioni ridotti. Questo studio rappresenta la prima mega-analisi su larga scala che esamina le immagini prodotte dalla risonanza magnetica funzionale dell'intero cervello. 

L’effetto placebo contribuisce in modo sostanziale ai risultati del trattamento sia nella ricerca medica che nella pratica clinica. Una migliore comprensione dei meccanismi sottostanti è quindi importante per ottimizzare lo sviluppo dei farmaci e l'assistenza clinica.

L'analgesia con placebo è il tipo di effetto placebo più noto e meglio studiato.

Un numero crescente di studi basati sul neuroimaging chiarisce i correlati cerebrali dell'analgesia con placebo. Questi studi hanno fornito prove del coinvolgimento delle regioni cerebrali legate all'elaborazione nocicettiva, compresi i meccanismi precoci di controllo del dolore, ma anche delle regioni cerebrali legate al processo decisionale, alla valutazione cognitiva, alla ricompensa/motivazione, e alla regolazione emotiva.

Da una recente meta-analisi di 20 studi sperimentali basati sul neuroimaging funzionale che ha coinvolto 603 partecipanti si è scoperto che i trattamenti con placebo inducono piccole e diffuse riduzioni dell'attività correlata al dolore in specifiche aree cerebrali.

L'analgesia comportamentale con placebo si correla con una ridotta attività in reti cerebrali dell’l'insula centrale e posteriore, nell'area del talamo, dell'abenula (gambo della ghiandola pineale), del cingolo medio e dell'area motoria supplementare. 

Nella stragrande maggioranza dei casi, l'analgesia con placebo era correlata negativamente con i cambiamenti indotti dal placebo nell'attività cerebrale. 

Pertanto, maggiore è la diminuzione dell'attività, maggiore è l'analgesia riportata da un partecipante. Le correlazioni negative erano più forti e statisticamente significative nel talamo bilaterale, nell’insula anteriore, media e posteriore destra, nella corteccia somatosensoriale secondaria destra, nel giro temporale superiore destro, nel cervelletto destro, nei gangli della base e nella corteccia cingolata media.

Di contro gli aumenti di attività associati al placebo si verificano principalmente nelle regioni frontali parietali (con elevata eterogeneità tra gli studi). 

I risultati attuali hanno confermato precedenti scoperte di aumenti di attività nelle regioni fronto-parietali e riduzioni nell'insula. Inoltre, hanno rivelato nuovi effetti, non descritti nelle precedenti meta analisi su scala ridotta, quali la riduzione di attività dell'abenula, in parti specifiche del talamo (VPL, un nucleo nocicettivo) e del cervelletto.

I risultati di questo studio, come effetto casuale, forniscono una forte evidenza di riduzioni di attività cerebrale associate al placebo dell'attività correlata al dolore in alcune aree del cervello legate alla nocicezione e al dolore ed indicano che questi fenomeni sono generalizzabili e verificabili attraverso paradigmi sperimentali.

Stiamo ancora cercando di capire come il cervello costruisce le esperienze dolorose, ma sappiamo che è un mix tra le aree cerebrali che elaborano l'input dal corpo, quelle coinvolte nella motivazione e quelle coinvolte nel processo decisionale. 

L’effetto placebo cambia il modo con il quale una persona “costruisce” l'esperienza del dolore o cambia semplicemente il modo con il quale una persona “si racconta” il dolore provato?

La persona prova davvero meno dolore?

I ricercatori sono stati in grado di localizzare con sicurezza gli effetti del placebo in zone specifiche del cervello, inclusi il talamo ed i gangli della base. Il talamo funge da gateway per immagini, suoni e tutti i tipi di input motori sensoriali. Ha molti nuclei diversi, che agiscono come stazioni di elaborazione per diversi tipi di input sensoriali. 

I risultati hanno mostrato che le parti del talamo che sono più importanti per la sensazione di dolore sono state più fortemente influenzate dal placebo. 

Inoltre, sono state influenzate anche zone della corteccia somatosensoriale che sono parte integrante dell'elaborazione precoce delle esperienze dolorose. 

L'effetto placebo ha avuto un impatto anche sui gangli della base, che sono importanti per la motivazione e per collegare il dolore ed altre esperienze all'azione.

I risultati hanno rivelato che i trattamenti con il placebo riducono l'attività nell'insula posteriore, che è una delle aree coinvolte nella costruzione precoce dell'esperienza del dolore (è l'unico sito nella corteccia che se stimolato elettricamente può invocare il senso del dolore). 

I risultati forniscono dunque la prova che il placebo influenza il processo di costruzione della sensazione del dolore.

Quindi, per favore, non dite più “è solo un placebo”. Ma soprattutto ricordate che se esiste un correlato neurobiologico per l’effetto placebo certamente ne esiste anche uno per l’effetto nocebo.

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