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Le "droghe dello studio" aprono la porta alle dipendenze

Stai pensando di ricorrere a farmaci come l'Adderall per migliorare le tue performance nello studio? Attenzione! Secondo una nuova ricerca della Binghamton University l'uso di questi "farmaci per lo studio" senza una diagnosi medica può rivelarsi pericoloso e può portare a conseguenze negative, tra cui la dipendenza da altre sostanze e un peggioramento della salute mentale.

  1. Uso di farmaci per lo studio senza prescrizione medica:Si riferisce all'utilizzo di farmaci come Adderall, normalmente impiegati per trattare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), da parte di studenti che non hanno ricevuto una diagnosi medica di ADHD.
  2. Dipendenza da sostanze:Condizione in cui l'individuo sente un bisogno impellente di assumere una sostanza per sperimentare effetti piacevoli o alleviare sintomi di disagio, con difficoltà a controllarne l'uso.
  3. Declino della salute mentale:Peggioramento del benessere psicologico, che può manifestarsi con sintomi come ansia, depressione, stress e difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane.
  4. Sistema limbico:Insieme di strutture cerebrali coinvolte nelle emozioni, la motivazione, l'apprendimento e la memoria.
  5. Resilienza allo stress:Capacità di adattarsi e superare situazioni difficili.

Molti studenti universitari, nella frenesia di raggiungere determinati obiettivi accademici, ricorrono alle cosiddette "droghe dello studio" come l'Adderall. Si tratta di farmaci stimolanti, normalmente prescritti per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), che promettono un miglioramento della concentrazione e delle performance cognitive. Tuttavia, un nuovo studio condotto dalla Binghamton University (SUNY) lancia un importante allarme: l'uso di questi farmaci senza una diagnosi medica può avere effetti dannosi e a lungo termine sulla salute mentale degli studenti.

La ricerca, pubblicata sull'International Journal of Psychological and Behavioral Sciences, si è concentrata proprio su questo fenomeno. Analizzando un campione di oltre 700 studenti universitari provenienti da tutti gli Stati Uniti, il team di ricercatori guidato dalla professoressa associata di Salute e Benessere Lina Begdache ha indagato sull'uso di diverse sostanze, tra cui farmaci per l'ADHD, cannabis, nicotina, alcol, MDMA ed ecstasy, mettendolo in relazione con il rendimento accademico e lo stato di salute mentale e fisica degli studenti.

I risultati evidenziano una correlazione preoccupante: l'uso di una singola sostanza sembra aprire la strada all'utilizzo di altre, come se il cervello venisse "preparato" a ricercare costantemente gli effetti di queste sostanze. La spiegazione risiede nel rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore associato alla sensazione iniziale di euforia e piacere. "L'uso di sostanze stimola la produzione di dopamina nel sistema limbico, la parte del cervello coinvolta nelle emozioni, nella motivazione e nella memoria", spiega la professoressa Begdache. "Questa attivazione provoca sensazioni positive che spingono l'individuo a ricercare nuovamente la sostanza per riprovare quello stato di benessere".

L'uso continuativo, però, porta a un fenomeno noto come assuefazione: la dose necessaria per ottenere gli stessi effetti iniziali aumenta progressivamente, oppure si passa a sostanze sempre più potenti.

Inoltre, lo studio evidenzia una correlazione tra l'uso di sostanze e un peggioramento generale della salute mentale, con una minore capacità di resistere allo stress (resilienza). "Poiché il cervello umano continua a svilupparsi fino a circa venticinque anni", sottolinea la professoressa Begdache, "l'uso di droghe in giovane età adulta può avere un impatto fortemente negativo sulla qualità della maturazione cerebrale e sulle funzioni cognitive. Inoltre, è probabile che questi individui continuino a fare uso di sostanze anche in età più avanzata, esponendosi a un ulteriore declino della salute mentale. I nostri risultati indicano, infatti, che la dipendenza da sostanze è associata a una minore capacità di affrontare le difficoltà della vita, con possibili ricadute sull'umore".

Un problema sottovalutato e la necessità di informazione

La professoressa Begdache sottolinea come molti studenti ricorrano alle "droghe dello studio" sottovalutandone i rischi per il cervello. "Spesso gli studenti pensano che, essendo farmaci prescritti, siano sicuri e possano offrire un vantaggio accademico", afferma. "È importante sottolineare che si tratta di medicinali specifici per trattare un disturbo come l'ADHD e che l'uso improprio può avere gravi conseguenze".

Proprio per sensibilizzare su questo tema, la professoressa Begdache coordina il B-SMART (Binghamton Student Managed Adderall Research Team), un gruppo di ricerca universitario impegnato a studiare gli effetti nocivi dell'abuso di Adderall tra gli studenti. "Le Università dovrebbero adottare un approccio più incisivo nell'informare i propri studenti sui pericoli che le droghe rappresentano per il cervello in fase di sviluppo", conclude la ricercatrice. "Dalle testimonianze raccolte emerge che la maggior parte degli studenti avrebbe voluto conoscere prima questi rischi. La mancanza di educazione e la pressione del gruppo sono i principali fattori che spingono al consumo di queste sostanze. Un intervento preventivo risulta sicuramente più efficace e meno costoso rispetto a dover affrontare in futuro le conseguenze negative sulla salute mentale degli studenti".

Questo studio evidenzia la necessità di un approccio più consapevole allo studio e di un'informazione mirata a scoraggiare l'uso improprio di farmaci. Esistono strategie alternative per migliorare la concentrazione e la memoria, come una corretta alimentazione, un buon sonno e tecniche di gestione del tempo.

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